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    Giovani, eccentrici e molto eco-fashion

    A CURA DI Ilaria Perrotta

    Una ricerca condotta dalla Sheffield Hallam University ha rivelato che le abitudini di acquisto degli uomini sarebbero più sostenibili rispetto a quelle delle donne. In un mondo che cerca di abbattere barriere di genere e spinge l’acceleratore sulla libertà di esprimersi rispecchiando il proprio modo di essere, anche à la page, è proprio la moda maschile a stupire di più per aver mutato forma e contenuti, plasmandosi a immagine e somiglianza di un Terzo Millennio dal cuore hi-tech, ma anche verde. Dati alla mano, a spendere oggi in capi e accessori 4.0 sono soprattutto i giovani della Generazione Z (i nati tra 1995 e 2010), sempre più attenti e propensi a uno shopping che rispetti i valori dell’inclusività e della sostenibilità. Non a caso il loro colore identificativo è il green: in Italia, secondo un recente sondaggio effettuato dalla London Research e dalla Trustpilot (azienda danese che si oc- cupa di recensioni aziendali), il 90% dei consumatori smette di acquistare da un brand di moda se privo di standard etici. Specie gli uomini di domani, insomma, impongono delle attenzioni che i marchi di abbigliamento non possono permettersi più di ignorare. E così, for- se anche per questo, negli ultimi dieci anni, abbiamo assistito alla nascita di realtà particolarmente attente non solo al Pianeta, ma anche alla democraticità dell’offerta. Non a caso, anche durante la fashion week milanese, da sei edizioni in calendario è presente l’iniziativa Designer for the Planet, un’intera sezione dedicata ai brand di moda sostenibile. Non solo pret-à-porter: anche se il costo di produzione dell’eco-moda è difatti più alto rispetto di quello della così detta fast fashion, oggi sono molti i marchi indipendenti made in Italy, guidati spesso da direttori creativi under 40 che, grazie a innovazione e ricerca, rendono economicamente accessibili i loro prodotti. Nel settore maschile young, dunque, l’offerta in Italia è oggi davvero diversificata e comprende nomi or- mai diventati celebri a livello mondiale a prezzi non proprio per tutte le tasche così come realtà local e più piccole le cui proposte moda però riempiono sempre più carrelli di shopping online, destinate nel tempo a scalare le vette dello stile e dei guardaroba.
    Etichette storiche, dunque, ma anche tanti emergenti che a modo loro stanno riscrivendo le regole dello streetwear, il cui comune denominatore è un ideale inclusivo, eco e upcycling. Nel nostro Paese il primo marchio a lanciare una collezione casual e impegnata è stato nel 2012 Save The Duck, andato subito dritto al punto a partire dal nome. Portando avanti il concetto dell’animal-free in tempi non sospetti dopo dieci anni rimane ancora un esempio di sostenibilità a 360 gradi. Il capo icona dell’azienda lombarda è il piumino, il primo a essere realizzato senza piuma d’oca naturale, sostituita con l’ovatta Plumtech.



    Mentre, tra i marchi casual d’impronta urban, famoso nel mondo, ma italiano doc, c’è Palm Angels che ha conquistato soprattutto il mercato americano. Nato dalla mente di Francesco Ragazzi, designer milanese trentacinquenne, realizza collezioni dallo stile casual chic che richiamano nelle fantasie e nei colori il mondo degli skater e delle spiagge califoniane. Da qualche anno l’azienda è sempre più virtuosa e persegue un percorso sostenibile a partire dal packaging.
    Con un party nel tempio della moda di Milano, 10 Corso Como, con cui ha realizzato una capsule, ha fatto quest’anno il suo ingresso nel mondo streetwear il marchio italiano Enterprise Japan che ha assoldato come testimonial il cantante Blanco (amatissimo e seguitissimo sui social). Per il brand dal Dna marchigiano i pezzi chiavi sono sneakers e capi d’ispirazione urban. Ha visto la luce in famiglia, invece, grazie a un’intuizione dei fratelli pugliesi Lorenzo ed Emanuele Manta, il brand Dream Yourself, pensato, appunto per i sognatori del presente. I suoi punti cardini sono una moda eco-sostenibile, rispettosa della natura e dal design ricercato. I volumi sono morbidi, la vestibilità comoda e pratica, senza però dimenticare il fascino street e metropolitano. Anche i fratelli Del Piano, unendo forze e ingegno, hanno dato vita a Unity Original, rivolto a un pubblico maschile dinamico, dalla carica sprint e alla ricerca di un design innovativo. Per questo target l’azienda ha creato un materiale unico, il tricotech, un mix di fibre e tessuti leggerissimi utilizzato soprattutto per i giubbotti, capi centrale della produzione. OOF Wear è invece un innovativo brand di Treviso il cui focus è la giacca multicolor reversibile per uomo e donna imbottita con ovatta eco-certificata, mentre tutte le pellicce e le pelli utilizzate nei capispalla sono 100% animal friendly. Attento al Pianeta è poi Re-Bello, eco oriented e con sede a Bolzano, il cui concetto di sostenibilità è allo stesso tempo un ideale di bellezza e libertà che si rispecchia nei capi dalle linee pulite ma impattanti, prodotti interamente con tessuti e fibre naturali.
     
    Minimale e senza tempo l’attitude di Officina Artistica No. 961, brand a conduzione familiare che, proprio attraverso le sue collezioni, racconta la sua filosofia che poggia su basi di qualità e basic, colori essenziali e passe-partout, facilmente switchabili secondo le esigenze della vita quotidiana di un uomo cosmopolita, amante dell’ambiente, dallo stile casual ma curato. Per chi voglia sperimentare cosa vuol dire avere scarti dell’industria alimentare letteralmente ai piedi, consigliamo di cliccare il sito del marchio italiano ID. Eight, fondato dal designer Dong Seon Lee e la product manager Giuliana Borzillo. La mission? Creare sneakers dall’appeal contemporaneo con materiali a basso impatto ambientale come bucce di mela e foglie di ananas, oltre a cotone e poliestere riciclati. L’apple skin è anche il materiale vegano (prodotto da fibre derivate da scarti di lavorazione delle mele del Trentino), impiegato per realizzare le scarpe da ginnastica di Womsh , etichetta che ha anche una seconda linea di calzature in pelle e tessuti riciclati. Oltre all’attenzione nei confronti dei materiali impiegati, sfrutta al 90% energia rinnovabile per la produzione delle sue scarpe e promuove il riciclaggio dei modelli usati. Inoltre, le sneaker dismesse, se consegnate nel negozio convenzionato, vengono poi conferite da Womsh a una ONG che le ricicla producendo tappeti da gioco per bambini. Insomma, va dove ti porta il cuore. Ma anche lo stile.


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